giovedì 11 febbraio 2010

LAVORO/Da un mese sul tetto: la protesta degli operai della Novaceta


Vi proponiamo l'articolo scritto da due giornaliste di assesempione che qualche giorno fa sono venute a fare un servizio in Novaceta a loro va un ringraziamento per l'eccezionale lavoro...


Gli operai
Magenta – Sono passati diciotto mesi, da quando la Novaceta ha cessato la produzione. Per gli operai sono ormai anche due mesi di presidio ininterrotto, e un mese intero passato sul tetto. I lavoratori hanno scelto di opporsi in modo radicale alla dismissione della loro fabbrica storica. Alcune tende montante in mensa, sul tetto e sul piazzale davanti all’azienda, le bandiere della Cub, una stufetta e un po’ di legname per far fronte a nevicate e nottate con temperature di diversi gradi sotto lo zero. "Era l’unico modo per far sapere ai magentini cosa sta succedendo. Prima che salissimo sul tetto nessuno sembrava accorgersi di noi”, spiega Paolo Chianura, seduto nella tenda rossa che fa da base agli operai. “Non c’era nessun motivo per chiudere. La fabbrica andava bene e non abbiamo mai avuto concorrenti. Il nostro filo acetato era un prodotto d’eccellenza, usato nell’alta moda. Non temeva crisi”. “Non c’è stato preavviso” gli fa eco Gianni Pengue, 40 anni a marzo, 20 passati in Novaceta. “Io mi ero addirittura comprato una macchina, poco prima di essere messo in cassa integrazione. Se avessi sentito anche il minimio scricchiolio, mi sarei ben guardato dal farlo”. Secondo gli operai, in presidio dal 14 dicembre e saliti ad occupare il tetto il 14 gennaio, le vere ragioni vanno cercate nella voglia di speculare. Tanto che i 

La protesta
dipendenti hanno presentato un esposto alla procura di Milano, in cui si ipotizza che la chiusura della Novaceta fosse stata pianificata da anni. Il nuovo Piano di Governo del Territorio approvato pochi mesi fa dal Consiglio ha cambiato la destinazione d’uso dell’area da artigianale/industriale a ricettiva, rendendo possibile l’utilizzo del terreno per altri scopi. “Qui ora potrebbe sorgere un albergo, o anche un deposito di autobus”, spiega Paolo Salvaggio, del Pd di Magenta. La paura è che la fabbrica venga definitivamente chiusa per far spazio alle infrastrutture per l’Expo. “Che, una volta concluso, rimarranno cattedrali nel deserto”, commenta Chianura. Gli operai in presidio hanno presentato piani
Novaceta
di rilancio dell’azienda, e sognano la costituzione di una cooperativa. Hanno creato un blog, Dignità e Lavoro, che mantengono aggiornato, e una pagina Facebook. E aspettano. Aspettano il 4 Aprile, quando per loro, 200 persone in tutto, finirà la cassa integrazione straordinaria. Di lì a poco scadrà anche la cassa integrazione degli ultimi 229 dipendenti dell’Alfa di Arese, che il Lingotto intende trasferire alla sede di Torino. Rimangono in attesa anche i lavoratori della Maflow, fabbrica metalmeccanica di Tezzano sul Naviglio, un centinaio di posti a rischio. Anche loro hanno deciso di occupare l’azienda. Nel gelo invernale, un segno di solidarietà agli operai della Novaceta arriva dai macchinisti della linea Milano-Novara. Che, passando davanti al piazzale, fanno fischiare le locomotive in segno di saluto.

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